Il 1 Febbraio una donna di 38 anni, in bici, è stata travolta in centro a Milano da un tir che, svoltando, non l’aveva vista.
In questa città, in media 2 bici al giorno finisco sotto un’auto. Il clima è conflittuale. I ciclisti vedono il disinteresse nelle forze dell’ordine che raramente fanno rispettare le norme a protezione degli utenti più deboli della strada. Questo contrasta con l’immagine di tragedie troppo frequenti che aumentano lo stress di pedoni, ciclisti e chi si muovo in monopattino. Si aggiunge che le corsie ciclabili sono quasi mai protette e si estendono per brevi tratti Inoltre.
Milano ha adottato la Vision Zero europea, che mira a ridurre a zero le vittime sulle strade entro il 2050, ma il decreto che nella città di Milano limiterà, forse la velocità a 30 km/h dal 2024 è ancora incerto e potrebbe richiedere adeguamenti per rispettare le esigenze di chi vuole poter correre in moto o in auto. Eppure, le città che hanno adottato questa misura hanno già ridotto di oltre la metà la mortalità e i feriti.
L’incidente di Veronica non è stato generato da un accesso di velocità piuttosto da una guida disattenta, da uno specchietto retrovisore orientato male, sporco a cui mancava la parte convessa, ancoran non si sa. Ma sarebbe accaduto in una città30? Dove si stanno adottando regole più rigide e, soprattutto, una cultura diversa?
A meno di 100 km da Milano, in Svizzera, i bambini delle scuole imparano gli angoli ciechi attraverso esperienze pratiche con biciclette e tir reali su cui loro stessi salgono. Questo è probabilmente l’origine della caduta di Veronica, che potrebbe essere avvenuta a causa dell’angolo cieco del guidatore del tir.
Sarebbe ora di cambiare la cultura conflittuale e di adottare regole più rigide e pratiche di educazione per prevenire gli incidenti e proteggere i ciclisti a Milano e nel resto d’Italia.